La mia arte inizia quando...
Creo una pop art audace e carica di emozioni, che sfuma il confine tra bellezza e disagio, umorismo e profondità.
La mia pratica artistica è radicata nella narrazione: visiva, simbolica e spesso profondamente personale. Lavoro principalmente con acrilici, tecniche miste e murales di grandi dimensioni, traducendo temi complessi in immagini vibranti e accessibili.
Al centro del mio lavoro c'è un profondo desiderio di rendere visibile l'invisibile. Esploro temi come l'identità di genere, le malattie invisibili, la violenza, la resilienza e l'eredità emotiva.
Attraverso contraddizioni giocose e composizioni colorate, il mio obiettivo è quello di innescare un dialogo onesto su temi che spesso vengono taciuti o stigmatizzati.
Molte delle mie serie remixano figure iconiche, passate o presenti, inserendole in contesti moderni esagerati, a volte assurdi. È un modo per riflettere sul nostro mondo: ciò che celebriamo, ciò che nascondiamo, ciò che temiamo. Voglio che gli spettatori prima percepiscano qualcosa, poi riflettano – e magari si vedano riflessi in modi inaspettati.
Credo che l'arte sia più che semplice estetica; è un atto di connessione e resistenza. I miei murales in scuole, ospedali e spazi pubblici sono creati con questo stesso spirito: portare significato, guarigione e dialogo negli spazi quotidiani. Inoltre, dono il 10% dei ricavi delle mie opere d'arte a sostegno delle associazioni per l'epilessia, una causa che mi sta a cuore.
In definitiva, vedo la mia pratica come uno spazio in cui il colore incontra la coscienza e in cui ogni opera non è un messaggio finale, ma un invito aperto.
